martedì 26 luglio 2022

 Photonovel




"Una sera” è un breve racconto per immagini, il cui stile si ispira a quello dei fotoromanzi degli anni Sessanta e Settanta, periodo nel quale questa forma di letteratura popolare conobbe un successo senza precedenti nella storia dell’editoria.

Al giorno d'oggi la fotografia, anche grazie ai social, ha visto esplodere il suo potere espressivo, imponendosi come un linguaggio universale ed immediato. Il fotoromanzo (photonovelrende evidente l'affinità tra la parola ed l'immagine, ricreando un connubio tipico della iconografia popolare.

"Una sera" è un racconto breve, romantico e crudo al tempo stesso. Da leggere (e guardare) al buio. 

Voi cosa ne pensate? Scrivetemi le vostre opinioni, le vostre idee. Il viaggio è appena iniziato.


https://www.alessandrocomandiniphoto.it/photonovel-r15355

This photonovel was published by Clic.hè on July 2022 #48 issue
https://issuu.com/clic.he/docs/sequenza 

DM Instragram @acrilamide

lunedì 22 novembre 2021

 Be an Icon

Model @inmensum_photos


In un mondo popolato da immagini effimere, volatili nate e postate per essere scrollate, da selfie più simili ad un cliché che alla persona che li ha scattati, io vi imploro: Be an Icon!

Il ritratto fotografico merita più di un like, merita di essere reale, tangibile, unico ed irripetibile. 

Merita di essere iconico. 

Partendo da queste premesse, ho elaborato l'idea di “Be an Icon”, un progetto volto a rappresentare con ironia e qualità il soggetto, restituendo al ritratto fotografico l’autorialità che oggi manca alle immagini.

I ritratti qui proposti sono opere uniche, realizzati partendo da fotografie digitali di elevata qualità ed elaborate manualmente attraverso tecniche pittoriche e di collage.

Vuoi diventare anche tu un'Icona? 


giovedì 11 novembre 2021

 Be Your Self


“Sii te stesso”. Ormai non si sente dire altro. “Sii te stesso, sei unico...”. 

A me questa cosa mi dà i nervi. 

Anzi, sarò onesto: mi manda in crisi, forse perchè, onestamente, non so chi sono.

Posso sapere chi sono stato, ma non so dire chi sono o chi sarò domani. Se mai sarò.

Eppure mi conosco, convivo con “me stesso” da alcuni lustri, ma sono persuaso che la nostra identità non è, se non nello sguardo degli altri.

Noi, soli con noi stessi, non siamo nessuno. Per “essere” abbiamo bisogno che ci sia qualcuno altro che ci guardi, che ci pensi, che ci assegni un significato nel mondo.

 

Nasce da questa riflessione il progetto “Be your Self”, un progetto fotografico sull’identità, sul riconsocimento e sulla presa di coscienza, la consapevolezza che siamo solo negli occhi degli altri.

Le nostre identità sono sempre più sfaccettate, moltiplicate. Ogni contesto (lavorativo, familiare...), ogni social (Facebook, LinkedIn, Instagram...), è un mondo a sè, che ci assegna un ruolo, un’identità, un’immagine diversa, a volte complementare alle altre, a volte perfino antitetica.

Prendere coscienza di questo è il primo passo per divenire consapevoli della moltitudine di ruoli che ricopriamo e di cosa siamo negli occhi di chi ci guarda.

La serie “Be your Self”, attraverso il gioco dello sdoppiamento, della messa in scena, della finzione palesata da una inquadratura volutamente larga, nasce per stimolare una riflessione sull’identità nella società delle immagini e per arginare il narcisismo e l’egocentrismo che, giorno dopo giorno, stanno minando le basi del dialogo e della coesione sociale.

La serie è nata ed è stata sviluppata in collaborazione con @inmensum_photos che ne ha condiviso il concept, ha posato come modella e mi ha supportato nella post-produzione delle immagini.

venerdì 25 dicembre 2020

 Buone Feste


L'infido morbo venuto da Oriente
ad ogni ondata si fa più fetente

Dopo un'estate passata in panciolle
è tornato alla carica in si bemolle

Per far più ardua la tenzone
si è regalato una mutazione

La "variante Inglese" è stata chiamata
la nuova proteina da tutti studiata

La PCR l'ha svelata
il morbo ha avuto una bella trovata:

pensando di fare cosa lieta
adesso ha la coda, come una cometa
 

sabato 12 dicembre 2020

 

La creatività non va in lockdown


La pandemia sta modificando, forse irreversibilmente, consuetudini e regole della vita sociale, sta trasformando il mondo del lavoro, sta scuotendo l’economia.

La fotografia è stata il medium che ha mostrato, con più efficacia di altri, quello che stava succedendo, intessendo un racconto collettivo ed individuale senza precedenti. Non era scontato che fosse così.

Il video, al contrario, è stato utilizzato soprattutto come strumento di condivisione e comunicazione, ma non è stato capace di raccontare il quotidiano con altrettanta efficacia della fotografia, forse perché sopraffatto da un rumore di fondo di parole e messaggi contraddittori, concitati e confusi.

Il rumore bianco della comunicazione nell’era dei social.

In questo contesto, in pieno lockdown, incontrarsi era impossibile, figuriamoci realizzare ritratti in studio ed allora, da un giorno all’altro, abbiamo imparato a lavorare su Teams, a organizzare meeting su Zoom, seguire dirette su Instagram e…a fotografare a distanza.

Il “remote shooting” è diventato immediatamente popolare e ci ha permesso di realizzare vere e proprie sessioni fotografiche a distanza, usando fotocamere ed etiche professionali, generando modalità di lavoro completamente nuove. Al soggetto, ad esempio, è stata affidato l’allestimento del set e dell’attrezzatura fotografica, mentre la fotocamera poteva essere impostata e controllata a distanza dal fotografo, attraverso le comuni piattaforme di condivisione.

Scattare in remoto ha reso evidente la centralità e co-autorialità del soggetto fotografato nel processo creativo cosa che, in condizioni di normalità, tende a passare in secondo piano.

 

Lo shooting da cui è tratta questa immagine è stato realizzato in remoto, attraverso la piattaforma Zoom con una fotocamera Sony a7. Modella: @eva_lunia

martedì 9 giugno 2020

La forza di una fotografia

Il racconto della Signora Celia

La Signora Celia  è la mamma di Alessandra, mia compagna di scuola al liceo. La signora Celia, quando nel 1943 gli Alleati sbarcarono in Sicilia, era una bambina. Alcun giorni fa, ha deciso di raccontare alcuni episodi di quel tempo, perché ci ricordassimo di quanto la guerra, ogni guerra, sia terribile ed ingiusta. Alessandra ha postato quella bella intervista su Facebook. 
Tra le altre cose, la Signora Celia racconta questo episodio, che ancora oggi la fa commuovere:
“Avevano preso un Tedesco, lo avevano attorniato e lo volevano ammazzare. Perchè era tedesco.
Spaventato, lui fece per aprirsi la blusa ed in quel momento gli cadde il portafogli a terra. Ne vennero fuori due fotografie, su cui erano ritratte una donna con dei bambini 
Guardandole lui disse: “Meine Familie, meine Frau”.
Quelli che lo stavano per uccidere, dopo un attimo di esitazione, si allontanarono.
Quelle foto hanno salvato una vita, perché attraverso di loro è stato visto come un Uomo, mentre prima era un nemico”.

La fotografia è un oggetto strano, dal significato cangiante, eppure è un linguaggio universale e potente. Quelle due fotografie sono riuscite a fare quello che gli occhi terrorizzati di quel tedesco, le sue lacrime, la sua paura, la sua presenza e fisicità, non erano riuscite a fare: togliere il velo dell’odio dallo sguardo dei suoi carnefici e mostrarglielo per quello che era: un uomo.
Oggi, 10 giugno 2020, ricorre l’ottantesimo anniversario dall’entrata in guerra dell’Italia. 
Mio nonno Altiero, disperso in mare di fronte alle coste di Durazzo il 28 giugno 1940, non ebbe mai la possibilità di vedere sua figlia, perché morì lasciando la moglie in attesa di una bambina che, crescendo, lo ha conosciuto attraverso le parole e le immagini, che le hanno restituito uno sguardo senza fine.

Nella foto: il nonno Altiero in procinto di partire per la guerra, che non fece mai.